Prospettive per il lingotto d’oro nel corrente anno. Nel nostro precedente articolo “Le prospettive degli investimenti in oro per il 2023” abbiamo valutato come le aspettative economiche e di consenso degli investitori indichino una prospettiva stabile ma comunque positiva per i prezzi dell’oro. Alcuni sviluppi successivi al precedente articolo, suggeriscono che lo scenario di consenso è ancora valido, ma con un’indicazione verso una recessione economica più forte. Per chiarire bene questa valutazione dobbiamo rivedere alcuni aspetti del mercato dell’oro nel 2022.
2022, un esempio da non sottovalutare, per il valore che il lingotto d’oro può avere in un portafoglio.
A nostro parere, la resilienza mostrata dall’oro nel corso del 2022 è stata il risultato delle tante e diverse fonti di domanda e offerta, che vengono spesso ignorate.
La confluenza di tali “forze opposte” non solo ha portato l’oro ad un guadagno, anche se minimo, nel 2022, ma ha reso possibile che il suo grado di volatilità restasse prossimo al valore medio nel lungo termine (circa il 15%) di un portafoglio azionario-obbligazionario 60/40. Il portafoglio standard di riferimento che ha registrato uno degli anni di maggiore volatilità.
Questo è da considerare come importante indicatore della caratteristica dell’oro come asset diversificatore sempre affidabile, quando il mercato registra forti turbolenze come avvenuto nel precedente anno.
Come ha inciso sul mercato la domanda istituzionale di oro.
La debole domanda di investimenti istituzionali è stata un visibile vento contrario per il lingotto d’oro nel corso del 2022.
La maggior parte delle economie occidentali ha mantenuto una politica monetaria aggressiva garantendo una forte offerta come rifugio sicuro al dollaro USA. La domanda che molti analisti si sono posti è stata: Perché l’oro non è andato meglio, data l’alta inflazione pluridecennale?
Fondamentalmente, le aspettative di inflazione a lungo termine sono rimaste ben stabili nel 2022, indicando una forte fiducia degli investitori sul fatto che le banche centrali potessero controllare l’inflazione.
I prezzi elevati e la geopolitica hanno trainato forti investimenti di oro al dettaglio
Di contro, gli investitori al dettaglio sono stati solidi acquirenti di oro nel 2022, contrastando questo malessere istituzionale e arrivando nel terzo trimestre ai valori massimi dei precedenti otto anni.
Dalla nostra ricerca risulta che gli investitori al dettaglio, in particolare nei mercati emergenti, che costituiscono circa il 60% del settore, sono più cauti nei confronti dell’inflazione, oltre che del livello dei prezzi, dato lo scarso accesso a strumenti di garanzia e protezione. Per gli investitori Europei, in particolare, l’oro si è rivelato un investimento redditizio guadagnando bene nel 2022.
Gli acquisti eccezionali di lingotti d’oro delle banche centrali sono stati un ulteriore spinta.
Non va sottovalutato che lo sviluppo più sorprendente nel mercato dell’oro lo scorso anno è stato determinato dal livello della domanda da parte delle banche centrali.
Secondo alcune risultanze ufficiali, alla fine di settembre, ben 673 tonnellate di lingotti d’oro erano state aggiunte alle riserve: un massimo storico. Nei mesi successivi, ingenti acquisti sono comunque proseguiti ma con minore frequenza. Va detto anche che una parte sostanziale di questi acquisti rimane non dichiarata, per la mancanza di pubblicazione ufficiale dei dati da parte di alcuni importanti governi, come Russia e Cina. Questo rende difficoltoso determinare i reali quantitativi. Tuttavia i dati comunque diffusi da fonti non ufficiali sulla portata degli acquisti hanno comunque sostenuto il prezzo del lingotto d’oro nel 2022.
Guardando al 2023. Cosa è cambiato nelle ultime settimane
La riunione del FOMC (comitato monetario della Federal Reserve che si occupa di decisioni di politica monetaria a breve e lungo termine), svoltasi a fine dicembre, ha prodotto un nuovo tasso terminale per il 2023 del 5,1%, 50 punti base in più rispetto a settembre.
Questo risulta a molti analisti incoerente rispetto ad un calo delle aspettative di inflazione a lungo termine e a una crescente probabilità di recessione. Un fattore che premia le prospettive del consenso verso il lingotto d’oro.
L’indice del dollaro USA (DXY) si è riposizionato intorno a 104, sancendo una maggiore debolezza della moneta statunitense. La politica della Banca centrale del Giappone potrebbe sostenere la forza dello yen.
Di contro però un inverno mite e un’inflazione più bassa in Europa, potrebbero mettere alla prova la determinazione della BCE verso un euro più debole, nonostante la retorica aggressiva di questi mesi.
Quindi in sintesi un processo di recessione e una minore inflazione potrebbero ripercuotersi sulla futura debolezza del dollaro USA.
Il contesto economico sopra descritto dà chiare indicazioni al ribasso e la Fed ha ammesso nei suoi ultimi verbali che una possibile fase di recessione è ora una “alternativa plausibile” agli scenari precedentemente previsti.
Come evolve l’inflazione
Sebbene non sia ancora del tutto chiaro, l’inflazione negli Stati Uniti sembra essere in calo. I dati degli ultimi rilevamenti danno il valore al 31/12/2022 pari al 6,5 decisamente quasi dimezzata rispetto al massimo di 9,1 raggiunto a giugno.
Mercato azionario sotto pressione
Ad eccezione del mercato cinese, le azioni sono scese più o meno in tutti i mercati. L’MSCI World (Morgan Stanley Capital International) l’indice che racchiude le 1.500 principali aziende al mondo quotate in borsa, ha perso il 4,3%.
Ancora alto il rischio geopolitico
Una soluzione alla guerra Russia-Ucraina appare ancora lontana e difficile da raggiungere nell’attuale situazione di stallo.
Cosa accade in Europa
La BCE ha allentato la stretta sui tassi di interesse, alzando di 50 punti base a dicembre; tuttavia, ha tenuto a chiarire che questi interventi continueranno nel 2023. L’inflazione in Europa è rimasta elevata e la stima fatta dalla BCE a gennaio 2023 è del 6,3% molto lontano dall’obiettivo del 2%. Anche se in calo rispetto al record del 10,7% del mese precedente, la BCE vede ancora rischi al rialzo. Anche Bank of England si è allineata alla politica della BCE effettuando i medesimi correttivi.
Dove va allora il Lingotto d’oro?
Il forte rialzo di inizio anno dell’oro sembra finora coerente con le implicazioni di consenso che abbiamo delineato nelle nostre prospettive per il 2023.
Riteniamo che superata oggi la soglia dei 1.800 €/oncia (57,87 €/g) e proseguendo lo scenario sopra descritto, potrebbe attestarsi entro fine anno sui 2.000 €/oncia (64,3 €/g). Iniziando poi una breve fase discendente nel momento in cui i livelli di inflazione inizieranno a scendere verso gli obiettivi prefissati.
Il periodo è quindi positivo per investire nel lingotto doro, ricordando sempre che almeno il 10-8% di un portafoglio andrebbe coperto, a garanzia dei propri risparmi, con un investimento in oro.
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